lunedì 25 maggio 2009

Fisco chiede a Dolce&Gabbana 800 milioni di euro

È una cifra gigantesca, il conto più salato che il fisco italiano presenta da molti anni a questa parte a una persona fisica. Secondo la Guardia di finanza, la raffinatezza del sistema architettato da Dolce e Gabbana per fare sparire redditi dalle loro dichiarazioni non ha nulla da invidiare alla raffinatezza delle loro collezioni di moda.

Nell’avviso di accertamento firmato dalla Guardia di finanza i due sono accusati di elusione fiscale e di abuso di diritto. Si tratta, come si intuisce anche dai termini, di illeciti tributari che non rivestono di per sé rilevanza penale. Non siamo di fronte, cioè, a delitti fiscali, ma a una serie di comportamenti formalmente leciti ma che vengono messi in atto senza altro obiettivo se non quello ridurre la pressione fiscale. Esattamente questo è invece quello che hanno fatto D&G.

Nel 2004, infatti, il sistema delle royalties viene sottratto a una struttura fino a quel momento lineare - con alla testa la società a responsabilità limitata D&G, con sede a Milano - e trasferito a una catena di scatole cinesi. La testa del gruppo è portata in Lussemburgo, dove viene fondata una società, la Dolce&Gabbana Luxembourg, che controlla il 100 per cento di un’altra società, la Ga.Do. srl, nel cui board siedono il fratello e la sorella di Domenico Dolce, Alfonso e Dorotea, e il direttore finanziario Cristiana Ruella. Il 29 marzo 2004 la D&G italiana cede per 360 milioni di euro il diritto di sfruttamento dei marchi creati dai due stilisti alla Ga.Do. srl.
Da quel momento, il fiume di denaro costituito dalle royalties non è più soggetto al trattamento fiscale italiano ma a quello del Granducato. Eppure - come hanno accertato le indagini della Guardia di finanza - il cuore e il cervello della holding D&G restano saldamente in Italia. In Lussemburgo, al massimo, i contabili del gruppo propongono di tenere qualche riunione per dare credibilità al trasferimento della cassa all’estero.
Dopo oltre un anno di indagini, le «Fiamme gialle» hanno concluso il loro lavoro e ora passano la palla all’Agenzia delle Entrate. Se non ci saranno sconti, la multa di Dolce e Gabbana basterà da sola a ricostruire il dieci per cento dell’Abruzzo.

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